L'emergenza coronavirus ha fatto maturare, a livello generale, la consapevolezza che per determinate mansioni il lavoro da remoto è possibile e auspicabile anche in futuro. Lo smart working ha permesso a tanti impiegati di continuare il loro lavoro, restando a casa e senza dover tornare in ufficio. Una cosa, però, è certa: serve una regolamentazione delle attività lavorative da remoto. Se lo smart working in qualche modo rappresenta il futuro di una buona parte del mondo del lavoro, è necessario stabilire nuovi criteri per la sua regolamentazione: tutte le spese, dall'elettricità alla connessione Internet, sono a carico del lavoratore, senza contare la spinosa questione della reperibilità. Molte aziende, negli ultimi mesi, hanno potuto scoprire che la produttività non risente del lavoro a distanza e restare con gli uffici chiusi può generare risparmi non indifferenti. Le spese, però, rischiano di andare tutte a carico del singolo lavoratore. Anche per questo, dalla Svizzera è giunta una sentenza che potrebbe fare storia anche all'estero, come riporta il Telegraph. Un'azienda elvetica, il cui nome non è stato rivelato, è stata obbligata da un tribunale a pagare un extra mensile a tutti i lavoratori, per contribuire in parte all'affitto e ad altre spese. La sentenza è giunta dopo una breve discordia legale tra impresa e dipendenti: l'azienda dovrà pagare al lavoratore un extra di 150 franchi svizzeri (poco più di 140 euro) ogni mese. Il provvedimento ha anche effetto retroattivo, ma vale solo nel caso in cui il lavoratore sia stato costretto a lavorare in smart working contro la propria volontà e non nel caso in cui il lavoro da remoto sia frutto di un accordo tra le parti. Fonte: Il Mattino Leggi anche Coronavirus: subito lo smart working. Il decreto e le 3 regole da applicare Seguici su Facebook 41esimoparallelo

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