Testa o croce. In alcuni ospedali americani un sorteggio ha deciso chi poteva essere intubato e chi - per mancanza di risorse - andava invece lasciato morire di coronavirus. La rivista Annals of Internal Medicine racconta, tramite un questionario inviato a un campione di ospedali americani, la drammatica scelta cui i medici si sono trovati di fronte nella fase peggiore dell'epidemia. Mentre in Italia l'unico criterio applicato è stata l'aspettativa di vita, gli Usa hanno fatto anche ricorso alla lotteria. Da noi sono stati i medici del Giovanni XXIII di Bergamo ad affidare il loro sfogo al New England Journal of Medicine, il 21 marzo: "I letti di terapia intensiva vengono riservati ai malati che hanno chance di sopravvivere. I pazienti più anziani non vengono rianimati". Mario Riccio, primario di Casalmaggiore (Cremona), aveva raccontato a Repubblica che nella fase peggiore, a marzo, un paziente su tre non era stato intubato per mancanza di ventilatori polmonari. Ma di fronte alla scelta, i medici avevano almeno un documento su cui basarsi: le linee guida della Società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva. Che prevedono: "L'allocazione in un contesto di grave carenza delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la maggior speranza di vita".

Non sempre è così negli Stati Uniti. Per la loro inchiesta, gli Annals of internal medicine hanno contattato 67 ospedali in tutto il Paese. Fra loro, 37 non hanno delle linee guida che prevedano l'eventualità di avere più pazienti che posti letto. Non sappiamo nulla su come effettuino le loro scelte. Altri 7 hanno delle linee guida ma non vogliono renderle pubbliche. Fra le 26 strutture sanitarie che accettano di discutere dei loro criteri, 25 misurano il beneficio che può trarre il paziente dalla ventilazione assistita. Scelgono cioè di intubare chi ha maggiori chance di sopravvivenza. Due semplicemente tagliano fuori chi supera una certa soglia di età. Dieci ospedali, messi di fronte alla scelta fra due pazienti in condizioni di salute simili, dichiarano di scegliere di intubare un operatore sanitario, o chi svolge un lavoro essenziale agli altri. Alcuni ospedali però si sono trovati lo stesso nell'incapacità di scegliere, di fronte a due malati che avevano lo stesso punteggio in termini di età, condizione dei vari organi e probabilità di sopravvivenza. In questa situazione, 6 ospedali (il 23%) hanno intubato chi si era presentato prima al pronto soccorso e 9 (il 36%) hanno fatto ricorso al sorteggio. "Quando i pazienti non possono essere chiaramente classificati - si legge nelle raccomandazioni, sintetizzate dagli Annals of internal medicine - in base alla loro possibilità di sopravvivenza, raccomandiamo che le risorse scarse siano assegnate in base al caso". Meglio la lotteria, è la riflessione fatta dai comitati etici, rispetto a criteri che potrebbero ricadere nelle accuse di razzismo. Anche di fronte a un giudice. Per questo 17 ospedali escludono espressamente che nella scelta debbano rientrare caratteristiche come le risorse economiche di un individuo, la presenza di un'assicurazione, l'etnia, il ceto sociale, la cittadinanza o l'orientamento sessuale. A compiere la scelta è raramente un'unica persona. Più spesso la valutazione è affidata a un comitato che comprende fino a 8 figure professionali diverse. Sempre vi è presente un medico. Spesso viene chiesto il parere di infermieri o membri del comitato etico. In 8 casi del comitato fa parte anche il cappellano dell'ospedale, in 2 un membro della comunità locale. Tredici strutture sanitarie prevedono che alla scelta non partecipino i medici che hanno direttamente in cura il paziente.  Fonte: Repubblica Leggi anche Coronavirus, Trump minaccia di fermare i fondi all'Oms: “Burattini di Pechino”. Seguici su Facebook 41esimoparallelo
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