Una storia drammatica dell'emergenza coronavirus, raccontata a circa due mesi di distanza e che rende bene l'idea dello tsunami che ha colpito prima l'Italia e poi altri paesi d'Europa e del mondo. A raccontarla, a El Pais, è un giovane lettore, figlio di un medico di famiglia che vive e lavora a Madrid. L'uomo aveva contratto il coronavirus a marzo, all'inizio dell'epidemia in Spagna, ma non aveva ancora sviluppato sintomi quando, inconsapevolmente, lo aveva trasmesso al padre, anziano e malato. L'uomo, operato da pochi giorni per un cancro, era ancora convalescente e il Sars-CoV-2 aveva iniziato a comprometterne rapidamente il quadro clinico. «Mio padre era ancora in quarantena quando mio nonno iniziò a stare sempre peggio. Gli ospedali erano pieni, non accettavano persone anziane perché per loro erano già spacciate. Mio padre, però, nonostante la febbre, faceva 40 chilometri al giorno per andare a prendersi cura di mio nonno» - racconta oggi il lettore che ha perso il nonno - «Mio nonno stava così male che quando mio padre chiese un consiglio ai colleghi, questi ultimi risposero subito: "Ti prepariamo un'iniezione letale, così l'avrete pronta per il momento giusto secondo entrambi. Visto il suo stato e la saturazione degli ospedali, non c'è altra strada"». Alla fine, una situazione così tragica e delicata imponeva solo due scelte. Il figlio del medico racconta ancora: «Alla fine, mio padre e mio nonno, entrambi col coronavirus, stavano decidendo cosa fare: o ricorrere all'eutanasia, o lasciare che l'agonia facesse il suo corso. Mio nonno ha scelto la seconda opzione e morì dopo una settimana e mezzo. La decisione è stata difficile ma forse è stata la migliore: almeno è morto in casa, accanto a suo figlio, e non in un ospedale, lontano dalla famiglia negli ultimi istanti di vita». Fonte: Leggo Leggi anche Coronavirus in Campania, bollettino 16 giugno: zero contagi nelle ultime 24 ore. I dati. Metti like alla pagina 41esimoparallelo e iscriviti al gruppo 41esimoparallelo

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