L'emergenza Coronavirus spinge in queste ore molte aziende a chiedere a parte dei loro dipendenti di lavorare da remoto, cioè da casa, applicando quindi lo smart working, il lavoro agile. Ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del 23 febbraio 2020 per facilitare l’avvio di tali pratiche subito, senza vincoli di accordi aziendali in genere previsti in questi casi.

I limiti territoriali

Non è la prima volta che accade (è stato già applicato per esempio nel caso della tragedia del crollo del ponte Morandi) e si rivela uno strumento prezioso. «Però il decreto riguarda solo le zone “rosse”, quelle indicate come focolaio di virus e isolate, e non è chiaro quali siano gli adempimenti necessari per avviare subito questa modalità di lavoro. Sarebbe comunque auspicabile estendere la semplificazione per l’adozione dello smart working in tutta l’Italia del Nord», dice Arianna Visentini, amministratore delegato di Variazioni srl, società di consulenza specializzata nella flessibilità organizzativa, perimetro ampio che comprende anche il lavoro agile.

Il problema della tecnologia

«Il tema normativo è certo fondamentale, ma non è l’unico per le aziende che non utilizzano già abitualmente lo smart working», prosegue, «e cioè per la maggior parte soprattutto delle piccole e medie imprese». E in effetti c’è un tema di base, per nulla scontato, che è quello della tecnologia. «In genere lo smart working viene svolto con l’utilizzo di device aziendali, e quindi è già tutto predisposto perché l’architettura funzioni al meglio. Ma in assenza di tali soluzioni già in essere, in casi di emergenza può rendersi necessario e utile anche permettere l’utilizzo ai dipendenti che, come in questo caso si trovano a lavorare da remoto in seguito a provvedimenti delle autorità, di device propri: pc, tablet, smartphone».

I dati aziendali

C’è tuttavia un tema di accesso ai dati aziendali, nel caso appunto i dipendenti non siano già abilitati al lavoro agile. Si tratta dunque di fare un secondo passo: o ricorrere a Vpn attivabili in tempi rapidi, cioè piccoli software direttamente scaricabili su qualunque device proprio, oppure procedere con altri software applicativi, e cioè con piattaforme di condivisione dei dati (come Office 365, oppure Google suite o Microsoft team). Questi consentono in generale di condividere documenti, gestire e-mail, conference call a distanza, lavorare a quattro mani.

Gli strumenti e l’emergenza

«Si rende comunque indispensabile una rapida familiarizzazione non solo tecnica con questi strumenti», dice Arianna Visentini, «occorre anche un passaggio culturale: non è scontata la competenza del lavoro in team, soprattutto con un presupposto di fiducia ulteriore richiesto dallo smart working, cioè da remoto. L’auspicio dunque è che questa modalità di lavoro non venga associata solo a situazioni di emergenza, ma che si faccia tesoro che questo strumento è efficace anche e soprattutto in condizioni di normalità».

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