Va in ospedale tre volte e viene dimesso: Michele Annunziata muore a 14 anni a Sarno
Una tragedia che si poteva evitare: otto medici rischiano il processo

Un drammatico caso di presunta malasanità sta scuotendo la cittadina di Sarno. Michele Annunziata, un ragazzo di soli 14 anni, è deceduto a causa di un’infezione al rene non diagnosticata tempestivamente. Il giovane si era recato in ospedale per ben tre volte, ma è stato sempre dimesso senza che i medici intervenissero con cure adeguate. Ora, otto medici rischiano il processo per omicidio colposo, mentre la famiglia, distrutta dal dolore, chiede giustizia.
Le visite in ospedale e il mancato intervento tempestivo
La vicenda ha avuto inizio il 3 febbraio 2024, quando Michele si è recato per la prima volta presso l'ospedale Martiri del Villa Malta di Sarno. Soffriva di un forte mal di testa e fu ricoverato nel reparto di Medicina Generale, dove rimase fino al 9 febbraio. Nonostante le sue condizioni, i medici lo dimisero senza effettuare approfondimenti diagnostici adeguati.
Dopo circa dieci giorni, il 22 febbraio, il giovane si recò nuovamente al pronto soccorso, ma dopo appena cinque ore fu nuovamente dimesso. Il giorno successivo tornò in ospedale per la terza volta, ma anche in quell’occasione i medici non ritennero necessario trattenerlo per ulteriori accertamenti e lo rimandarono a casa nel giro di quattro ore.
Il 26 febbraio, le condizioni di Michele peggiorarono drammaticamente e fu trasferito all’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore. Purtroppo, era ormai troppo tardi: il giovane perse la vita a causa di una setticemia cerebrale derivante dall’infezione al rene sinistro.
Indagini in corso: otto medici sotto accusa
La Procura di Nocera Inferiore ha avviato un’indagine sulla vicenda, ritenendo che il decesso di Michele Annunziata sia stato causato da una mancata diagnosi tempestiva e da cure inadeguate. Gli inquirenti hanno individuato gravi lacune nell'operato degli otto medici coinvolti, che ora rischiano un processo per omicidio colposo.
Secondo quanto emerso, alcuni di loro avrebbero effettuato esami ematochimici e strumentali non appropriati, evitando di svolgere consulenze specialistiche fondamentali, come quelle infettivologiche, neurologiche e urologiche. Inoltre, nonostante gli esiti della Uro-TAC indicassero chiaramente una patologia renale, i medici avrebbero sottovalutato la gravità della situazione, limitandosi a prescrivere antibiotici anziché intervenire con un trattamento mirato.
Le gravi omissioni nella cartella clinica
Uno degli aspetti più inquietanti dell'indagine riguarda le mancanze nella documentazione clinica. Nessuno dei medici indagati avrebbe segnalato la comparsa di convulsioni, un sintomo chiaro che avrebbe dovuto allertare i sanitari sulla presenza di una grave infezione con localizzazione cerebrale. Inoltre, non sarebbero stati eseguiti esami fondamentali come un ECG, una TC cerebrale o una risonanza magnetica dell’encefalo.
Gli esperti incaricati dalla Procura hanno sottolineato che, con un intervento tempestivo e una corretta diagnosi, il giovane Michele avrebbe potuto essere salvato. L’omissione di accertamenti microbiologici mirati per individuare il germe responsabile dell’infezione è stata una delle criticità più gravi riscontrate dagli inquirenti.
La battaglia legale della famiglia e il rischio di rinvio a giudizio
I genitori di Michele Annunziata, assistiti dagli avvocati Massimo Balzano e Sofia Pisani, chiedono giustizia per la tragica scomparsa del loro figlio. Dopo la chiusura delle indagini, gli otto medici coinvolti avranno la possibilità di presentare memorie difensive e richiedere interrogatori prima della decisione definitiva sulla richiesta di rinvio a giudizio.
Il caso ha suscitato una forte indignazione nell’opinione pubblica, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza delle strutture sanitarie e sull’importanza di un’assistenza medica adeguata per evitare tragedie evitabili.
Un caso di malasanità che non deve ripetersi
La morte di Michele Annunziata rappresenta una vicenda drammatica che pone gravi interrogativi sulla gestione dei pazienti negli ospedali italiani. La speranza della famiglia è che la giustizia faccia il suo corso e che episodi simili non si ripetano più. Il processo ai medici coinvolti potrebbe essere un passo fondamentale per accertare le responsabilità e garantire che gli errori commessi non vengano più ripetuti.