Matteo Renzi, leader di Italia Viva, dichiara di possedere quattro prove schiaccianti legate ad un pm di Firenze, che lo ha indagato in più di una circostanza. Le “famose” quattro prove che mostrano una violazione della Costituzione sono chiare.
Renzi parla di “acquisizione di corrispondenza del giugno 2018 con il dottor Manes” e di uno “scambio di WhatsApp con il dottor Carrai, una serie di mail dell’agosto 2019”.
“La quarta che trovo molto convincente – dichiara il leader di Italia Viva - è quella relativa all’estratto conto con l’acquisizione da parte del pm in data 11 gennaio 2021”.
L'accusa a Renzi
L’inchiesta della procura di Firenze sulla
Fondazione Open è da alcune settimane oggetto di confronto.
I nuovi dettagli hanno alimentato nuove accuse riguardo a possibili conflitti di interessi, e ad alcune scelte giudicate politicamente inopportune.
L’inchiesta, iniziata poco più di due anni fa, ha tra gli indagati Renzi e diversi fra i suoi più stretti collaboratori.
L’accusa è che Open abbia agito come articolazione di partito, e che quindi dovesse rispettare obblighi più stringenti nella raccolta e gestione delle donazioni.
Il focus è su alcune riforme sul finanziamento pubblico ai partiti, prima nel 2013 e poi nel 2019.
A Palazzo Madama, Matteo Renzi è stato ascoltato dalla Giunta delle Immunità del Senato. I senatori devono decidere se votare il conflitto di attribuzione per il sequestro della corrispondenza elettronica a partire dal
2018, quando l’ex premier è diventato Senatore.
Renzi ha ribadito questa posizione spiegando che è stato questo tema il vero centro dell’audizione: “Se c’è o non c’è un WhatsApp al processo alla fine non cambia niente. Segnalo che se un magistrato viola la Costituzione è un problema per il cittadino, perché finché prendono il conto corrente a Renzi va bene, ma se lo fai a un cittadino senza rispettare i diritti, questo è il problema”.
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